Beppe Fenoglio e Grana
Testimonianze tratte da UR PARTIGIANO JOHNNY

Giuseppe “Beppe” Fenoglio, lo scrittore albese scomparso nel 1963, è famoso per avere descritto mirabilmente il mondo rurale delle Langhe e il movimento della Resistenza. Ed è proprio quest’ultimo argomento, visti i suoi trascorsi di partigiano, a rivestire particolare interesse.

Uno dei suoi romanzi più noti è “il Partigiano Johnny”, ma quello che assume particolare interesse per queste pagine è “Ur Partigiano Johnny”, titolo convenzionale dato ad un testo ritrovato negli anni ’70 che ne era privo, scritto in inglese e incompleto, sia nella parte iniziale, incomincia infatti dal capitolo secondo, sia nelle parte finale. Interessante, si è detto, perché Fenoglio racconta di alcuni personaggi di Grana, peraltro citati seppure conservando il loro anonimato, in questa sezione del sito. Da mettere in rilievo il prefisso UR, in lingua tedesca, probabilmente inteso come primo, originale, quasi a volergli assegnare una sorta di primogenitura.

Questi personaggi sono il capo partigiano Luigi Acuto, meglio noto come Tek Tek, comandante della 8° Brigata Grana, seconda Divisione Langhe, e i partigiani Firmino Rota, conosciuto come Nick, e sua sorella Dea, entrambi stretti collaboratori di Tek Tek.

Ed è nel capitolo settimo che il partigiano Johnny incontra la staffetta Dea che lo accompagnerà a Grana a conoscere Tek Tek e i partigiani di Grana saranno protagonisti fino al capitolo decimo, l’ultimo dello scritto di Fenoglio. Da sottolineare a questo proposito che molti dei fatti descritti trovano riscontro nelle testimonianze dei sacerdoti e del partigiano raccontate nelle pagine di questa sezione.

Tek Tek, come anticipato, è il comandante della 8° Brigata Grana, seconda Divisione Langhe e viene dipinto da Fenoglio come uomo coraggioso, intrepido e inflessibile, rispettato e benvoluto dai suoi uomini, così come è rispettato e temuto dagli altri capi partigiani. Lo scrittore prova ammirazione per lui, perché incarna il suo ideale di libertà.

Nick è il braccio destro del Tek Tek ed è il comandante del distaccamento di Grana dell’omonima Brigata. Si distingue per il suo valore in missioni e spedizioni ad alto rischio.

Dea Rota fa parte anch'essa della 8° Brigata Grana ed è l’artefice dell’arresto, il 25 aprile 1945, del famigerato maggiore Mayer più volte citato in questa sezione e responsabile della fucilazione a Villadeati di nove civili e del parroco del paese.

Interessante a questo proposito un saggio di Delmo Maestri del 1996 riproposto dall’ISTITUTO PER LA STORIA DELLA RESISTENZA di Asti in cui l’autore analizza l’opera di Fenoglio e la definisce “né diario, né cronaca”, in quanto fatti e persone sono spesso spinti in direzione dell’immaginario.

Delmo Maestri (scomparso nel 2015) è rimasto colpito da una breve descrizione di Dea, dipinta con “forte fronte mascolina sotto una grondaia di corti e curatissimi capelli di colore oro spento”, anche se da una foto ai tempi della Liberazione appare con capelli lunghi.

Significativo inoltre come Maestri descrive l’ammirazione di Fenoglio per Tek Tek: “…lo colloca in una dimensione di rustica grandezza e semplicità: idolatrato dai suoi e dai compaesani, aggressivo e deciso, orgoglioso del suo pugno di uomini, grande malgrado le sconfitte”.

Ci sono anche alcune curiosità che meritano di essere citate: Fenoglio racconta, riguardo la battaglia di Montemagno, peraltro narrata ne  I ricordi di un Partigiano di questa sezione, di un collegio femminile al castello di quel paese e che le ragazze erano solite giocare a pallacanestro. Racconta anche che Johnny avrebbe provato qualche tiro e Delmo Maestri ebbe conferma nel 1996 da una signora di Montemagno, all’epoca dei fatti frequentatrice di quel collegio. Non meno interessante il riferimento ad “uno strano e dolce vino fragolato - la frola”, prodotto con l’uva omonima, anche nota come uva americana.

Altrettanto interessante la testimonianza di Don Gatti (all’epoca delle vicende di cui si narra era viceparroco a Grana), che avvisato da amici di Tek Tek che quest’ultimo si trovava in punto di morte si recò a trovarlo, nonostante non volesse ricevere la visita di alcun sacerdote. Era il 1982 e Don Gatti, allora parroco a Grana, si recò subito all’ospedale di Casale, dove l’ex comandante partigiano era ricoverato, poiché quest’ultimo aveva sempre nutrito rispetto e simpatia per lui. Racconta il sacerdote di essere riuscito a prepararlo un po’ all’imminente incontro con Dio e di averlo visto ancora pronto a “bluffare” con la morte, come aveva fatto tante volte da partigiano. Le sue ultime parole sono state “ ’mbsogna prope andé ” (bisogna proprio andare) e il sacerdote è riuscito a rispondergli “a l’è prope acsé” (è proprio così).